La rinegoziazione stragiudiziale del debito

Nel caso in cui ci si trovi in difficoltà nel far fronte agli impegni assunti con banche e finanziarie, quando cioè, per vari motivi, le entrate non consentono più di onorare i propri debiti con regolarità, prima di decidere di accedere ad una delle procedure di risoluzione della crisi da sovraindebitamento è opportuno verificare se sia possibile rinegoziare il debito in via stragiudiziale, rivolgendosi direttamente alle banche o finanziarie con cui si è contratto il debito.

Innanzitutto, è possibile proporre alla banca o finanziaria creditrice un accordo di definizione a saldo e stralcio della posizione debitoria. In questo caso, si può concordare l’estinzione del debito in un’unica soluzione, proponendo di corrispondere subito o entro un breve termine una somma inferiore all’importo residuo dovuto. Nel caso in cui il debito sia assistito da garanzia ipotecaria o da garanzie prestate da altri soggetti (come i fideiussori), generalmente è possibile raggiungere un accordo di definizione a saldo e stralcio, con liberazione anche dei garanti e cancellazione dell’iscrizione ipotecaria, solo se la banca o finanziaria creditrice ritenga di non poter ottenere l’integrale soddisfazione del proprio credito neppure avvalendosi della garanzia.

In alternativa, si può proporre alle banche o finanziarie un accordo che consenta di rendere sostenibile il debito, la cosiddetta ristrutturazione o consolidamento del debito: si può prevedere ad esempio l’abbassamento della rata, in genere con un allungamento della durata del prestito, e in alcuni casi è possibile chiedere l’erogazione di una liquidità aggiuntiva, per affrontare le spese di prima necessità. Questa possibilità, introdotta dal D.L. n. 212/11, è riservata alle persone fisiche o giuridiche che godano di un reddito garantito, che non siano segnalate nelle banche dati come cattivi pagatori e che non abbiano avuto pignoramenti o protesti.

In particolare, le condizioni che generalmente gli istituti di credito chiedono vengano rispettate per concedere un prestito “di consolidamento” sono relative all’età (in genere deve essere compresa tra i 18 e i 75 anni), alle condizioni professionali ed economiche del richiedente (ad esempio, spesso è richiesta un’anzianità lavorativa non inferiore ad uno/due anni e l’esistenza di un contratto di lavoro a tempo determinato, oppure un reddito da pensione o un reddito costante dimostrabile in caso di lavoratori autonomi), oltre che all’assenza di pignoramenti e/o protesti.

Inoltre, nel caso in cui i beni o i redditi del debitore non risultino sufficienti a garantire la fattibilità del piano di ristrutturazione dei debiti, è richiesto che la proposta venga sottoscritta da terzi che conferiscano in garanzia beni o redditi sufficienti per l’attuabilità dell’accordo.

Da sottolineare che, poiché il consolidamento dei debiti comporta l’estinzione anticipata dei finanziamenti in precedenza contratti, in applicazione dell’articolo 125 sexies comma 1° del Testo Unico Bancario è previsto che il consumatore possa rimborsare anticipatamente, in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore, e che ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi residui che sarebbero stati dovuti sino alla naturale estinzione del contratto. Inoltre, per i mutui stipulati dal 2 febbraio 2007 in poi, in caso di estinzione anticipata, il cliente non può essere obbligato a pagare penali o costi aggiuntivi di chiusura della pratica (norma introdotta dal “decreto Bersani”), mentre per i mutui stipulati prima del 2 febbraio 2007, il mutuatario ha diritto di chiedere la riduzione della penale prevista nel contratto, a norma dell’art. 161 c. 7 ter TUB.

Nel caso in cui il debito che si fatica a rimborsare sia un mutuo, è poi possibile chiedere la rinegoziazione del mutuo: si può cioè concordare con la banca un mutamento delle condizioni contrattuali, ciò però solo a condizione che il debitore abbia subito cambiamenti nel suo assetto finanziario. In particolare possono essere modificati: il tasso di interesse applicato; la durata del contratto; il tipo di tasso (fisso/variabile). Nel caso in cui la banca accetti di rinegoziare il mutuo, il cliente non deve sostenere alcun costo aggiuntivo, né vengono meno gli eventuali benefici fiscali di cui ha goduto quando è stato stipulato il contratto originario; restano inoltre valide le eventuali garanzie reali o personali che assistevano il mutuo quando è stato stipulato.

Il D.L. n. 7/2007 (“decreto Bersani”), poi convertito nella L. n. 40/2007, disciplina una speciale forma di rinegoziazione che si chiama surrogazione del mutuo: viene cioè concessa la possibilità di spostare il mutuo da un istituto di credito ad un altro, contestualmente rinegoziandone le condizioni, ciò a costo zero per il cliente (salvo il versamento della tassa ipotecaria, pari a qualche decina di euro), che però non può chiedere che il mutuo concesso dalla nuova banca sia di importo superiore rispetto al debito residuo del vecchio mutuo. Per chiedere la surrogazione del mutuo è necessario inviare alla vecchia ed alla nuova banca una raccomandata A.R., comunicando la volontà di avvalersi di questa possibilità; la vecchia banca è obbligata ad accettare la richiesta di passaggio, la nuova banca invece può rifiutarsi di stipulare il nuovo contratto in surroga.

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