Sovraindebitamento da fideiussioni nulle o con clausole vessatorie

Dopo le sentenze della Corte di Giustizia del 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19), è possibile contestare la vessatorietà delle clausole contenute nelle fideiussioni stipulate dai consumatori anche nel corso dell’esecuzione se non è stato opposto il decreto ingiuntivo.

Le contestazioni che si possono avanzare sono diverse e in particolare:

  • la nullità di alcune clausole della fideiussione, perché riproduttive dello schema ABI ritenuto nullo in quanto intesa restrittiva della concorrenza;
  • la vessatorietà di alcune clausole della fideiussione, quale la deroga alla decadenza, che determinano un significativo squilibrio a danno del consumatore.

Con una recente sentenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Cass. SU, 30 dicembre 2021 n. 41994) hanno dichiarato la nullità di alcune clausole contrattuali delle fideiussioni riproduttive dello schema ABI ritenuto un’intesa restrittiva della concorrenza dall’Antitrust e dalla Banca d’Italia.

La nullità delle clausole, accertata dalle Sezioni Unite della Cassazione, consente ai fideiussori di far valere l’invalidità delle obbligazioni garantite e di non essere tenuti al pagamento qualora queste siano annullate, dichiarate inefficaci o revocate.

E’ in particolare nulla anche la clausola che consente di derogare all’art. 1957 del Codice Civile che impone alla banca, quale beneficiario della garanzia, di agire nei confronti del debitore, principale garantito entro 6 mesi dalla scadenza delle obbligazioni. Qualora la banca non abbia rispettato tale termine decade dal diritto di far valere la fideiussione e il fideiussore è liberato e quindi non è tenuto a pagare quanto richiestogli o può chiedere quanto eventualmente già pagato.

Nonostante lo schema ABI risalga ad anni fa sono molte le banche che per lungo tempo hanno continuato ad avvalersi delle clausole dichiarate nulle e proprio grazie a queste clausole non hanno rispettato il termine di 6 mesi per agire contro il debitore garantito e sono pertanto decadute dalla fideiussione.

Anche se non rientranti nello schema ABI, queste clausole sono contrarie al Codice del consumo che vieta l’utilizzo di clausole vessatorie, ossia idonee a determinare un significativo squilibrio ai danni del consumatore. Tra le clausole che il Codice del Consumo presume vessatorie rientrano proprio quelle che intervengono sulla decadenza. Queste clausole sono valide solo se la banca dà la prova di una specifica trattativa con il consumatore.

La Corte di Giustizia (grande sezione) con la sentenza del 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19) ha affermato che anche in caso di decreto ingiuntivo definitivo, in quanto non opposto, il giudice può sempre controllare la presenza di clausole vessatorie che possano limitare o far venire meno il credito. Il giudice dell’esecuzione quindi, nonostante la mancata contestazione del decreto ingiuntivo, può rideterminare quanto dovuto eliminando gli effetti delle clausole vessatorie

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