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Secondo quanto previsto dagli artt. 1463 e 1464 cod. civ. in caso di impossibilità sopravvenuta, ovvero quando una prestazione diventa impossibile (ad esempio per cause di forza maggiore o per “factum principis”, ovvero un provvedimento delle autorità) chi ha ricevuto un pagamento è tenuto a restituirlo, integralmente (art. 1463 “impossibilità totale”) o per una quota, attraverso una riduzione di quanto percepito nel caso in cui l’adempimento in parte sia avvenuto (art. 1464 “impossibilità parziale”).
L’impossibilità originaria della prestazione determina infatti ex art. 1418 e 1346 c.c. la nullità del contratto per l’impossibilità dell’oggetto, con conseguente applicazione delle regole per la ripetizione dell’indebito ex artt. 2033 e ss. c.c.
In altre parole, chiunque abbia ricevuto un pagamento per un servizio che non è in grado di rendere (es. garantire la partecipazione di uno spettatore a un evento sportivo, a un concerto o rappresentazione teatrale o svolgere un’attività educativa, garantire l’utilizzo di strutture sportive, come impianti di risalita o di una palestra) è sempre obbligato a rimborsare.
L’impossibilità sopravvenuta, salvo che sia determinata da un comportamento colposo o doloso del soggetto impossibilitato a rendere il servizio, esonera solo quest’ultimo dal risarcimento del danno ulteriore subito dal soggetto che ha pagato. Ad esempio, non sarà pertanto tenuto a rimborsare costi di trasferta o di soggiorno anticipati per assistere a un evento o altre spese.
La giurisprudenza ritiene infatti che “in materia di responsabilità contrattuale, perché l'impossibilità della prestazione (nella specie conseguente al sequestro penale dell’impianto di depurazione del ristorante oggetto del contratto di locazione) costituisca causa di esonero del debitore da responsabilità, deve essere offerta la prova della non imputabilità, anche remota, di tale evento impeditivo, non essendo rilevante, in mancanza, la configurabilità o meno del "factum principis" (Cass., 25 maggio 2017, n. 13142; nello stesso senso cfr. Cass., 30 aprile 2012, n. 6594).
Secondo i principi generali del codice civile (artt. 1218 e 1256 c.c.) chi si trova in una situazione di impossibilità ad adempiere non è infine responsabile dei danni derivanti dal ritardo dell’adempimento, finché perduri la situazione di impossibilità.