Dalla legge Bersani alle Linee Guida AGCOM: quando i costi del recesso anticipato sono ingiustificati

Secondo quanto previsto nelle Linee Guida dell’AGCOM (Delibera AGCOM n. 487/18/CONS  -Allegato A) le spese di recesso possono riguardare   a) i costi sostenuti per dismettere o trasferire l’utenza; b) la restituzione totale o parziale degli sconti sui servizi e sui prodotti; c) il pagamento delle rate residue relative ai servizi e ai prodotti offerti congiuntamente al servizio principale [Linee Guida n. 17-33]. 

In particolare, per evitare che gli operatori innalzino artificiosamente le spese di recesso, coll’intento di limitarne l’esercizio da parte degli utenti, è stabilito che i costi di dismissione (switching cost) devono remunerare gli oneri economici realmente sostenuti dall’azienda e quindi devono essere commisurati al valore del contratto, ovvero non possono eccedere il prezzo implicito, che risulta dalla media dei canoni che l’operatore si aspetta di riscuotere mensilmente da un utente che non recede dal contratto (almeno fino alla scadenza del primo impegno contrattuale che, come è noto, non può eccedere i 24 mesi).

Esempio:  offerta promozionale durata di 24 mesi canone 20 euro per i primi 12 mesi  + 30 euro per i restanti 12 mesi; se l’utente non recede nei 24 mesi di durata massima, l’operatore si attende quindi di ricavare da quel contratto (12 x 20€ + 12 x 30€ = ) 600 euro / 24 mesi = 25 euro (PREZZO IMPLICITO).

Sono comunque esclusi i costi di attivazione e i costi del terminale anche ove sia prevista la rateizzazione del relativo prezzo (Comunicazione A.G.COM  21 dicembre 2018).

La restituzione degli sconti applicati al momento dell’adesione all’offerta promozionale si somma ai costi di dismissione e tali somme non sono commisurate al prezzo implicito del contratto ma devono essere eque e proporzionate al valore del contratto e alla durata residua della promozione. In pratica secondo l’Agcom, l’equità in questione è data dalla differenza tra la ricavo atteso (calcolato moltiplicando il prezzo implicito del contratto per i mesi di durata dello stesso fino al recesso) e ricavo effettivamente riscosso dall’operatore fino al momento del recesso.

Tornando all’esempio precedente (offerta per 24 mesi con canone a 20 euro per i primi 12 mesi  + 30 euro per i restanti 12 mesi), ipotizzando un recesso dato al 12 mese di durata del contratto, essendo il prezzo implicito di quel contratto pari a 25 euro/mese, il ricavo atteso dall’Operatore è pari a (prezzo implicito 25€ x 12 mesi=) 300 euro , mentre il ricavo effettivamente riscosso è pari (canone in promozione 20€ x 12 mesi=) 240 euro: la restituzione sconti, per essere  proporzionale alla durata del contratto ed equa, non potrà eccedere i (300 euro – 240 euro=)  60 euro. 

Per quanto riguarda infine il pagamento delle rate residue di apparati (decoder, smartphone, tablet ecc. ecc.) poiché tale elemento può incidere in maniera significativa sulla scelta dell’utente (che, per non incorrere in tale pagamento, potrebbe decidere di continuare a rimanere con suo attuale Operatore, anziché recedere per aderire a offerte di altra Compagnia) , l’Agcom ha stabilito che l’Operatore che riceve la richiesta di switch (operatore donating) è tenuto a concedere agli utenti la scelta fra il pagamento delle rate residue in un’unica soluzione o secondo l’originaria rateizzazione (che comunque non  può eccedere i 24 mesi, al fine di non vincolare il cliente oltre il termine legale di durata massima dei contratti di telefonia). Inoltre, l’operatore donating è tenuto a mantenere il piano di rateizzazione secondo le modalità definite al momento della sottoscrizione, fatta salva la possibilità per l’utente di poter richiedere di effettuare il pagamento in un’unica soluzione delle rate residue in qualsiasi momento, anche successivamente al passaggio ad altro operatore (Comunicazione A.G.COM del 16.05.2019).

 

 

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