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È consentito alla banca modificare unilateralmente un contratto a “canone zero”, prevedendo un canone a pagamento?
Il Collegio di Coordinamento dell’ABF, con la decisione n. 6781 del 3 luglio 2023 si è espresso sull’esercizio dello ius variandi, la modifica unilaterale del contratto prevista dall’art. 118 TUB (“Nei contratti a tempo indeterminato può essere convenuta, con clausola approvata specificamente dal cliente, la facoltà di modificare unilateralmente i tassi, i prezzi e le altre condizioni previste dal contratto qualora sussista un giustificato motivo”) nell’ipotesi in cui le condizioni economiche di un contratto bancario, dettagliate nei fogli informativi che per legge devono essere accessibili dalla sezione “Trasparenza” del sito della banca, prevedevano che un servizio fosse a costo zero.
Nel caso oggetto della decisione era stato modificato il canone annuo di un conto corrente nell’ambito di un contratto (i) che consentiva al cliente di operare gratuitamente tramite internet o call center e (ii) che prevedeva il pagamento delle operazioni effettuate in filiale.
La modifica è avvenuta tramite una comunicazione (“proposta di modifica unilaterale”) con la quale è stata introdotta prima una variazione del canone annuo, addebitato mensilmente, da euro 0,00 a euro 12,00, poi una seconda, per arrivare fino ad € 24,00 al mese.
Il Collegio di Coordinamento è stato chiamato ad esprimersi sulla legittimità di tali modifiche in relazione a quanto previsto dall’art. 118 TUB e a dirimere gli orientamenti opposti dei collegi territoriali che erano espressi sulla medesima questione:
Il Collegio di Coordinamento si è riportato a quanto affermato:
Il Collegio di Coordinamento dell’ABF nella previsione di remunerare un servizio, quale l’assistenza in filiale, ravvisava un’opzione onerosa rispetto all’offerta gratuita – quella senza offerta in filiale – che era stata opzionata dal cliente.
Con gli aumenti veniva effettuata unilateralmente una variazione illegittima, attraverso “un’alterazione del sinallagma negoziale in senso sfavorevole al cliente”.
L’ABF ha conseguentemente affermato, dando continuità a quanto alla propria decisione n. 26498/2018 l’illegittimità della modifica di una clausola a costo zero nel caso in cui, come avvenuto nel caso in questione, sia indicativa di un servizio non fornito dall’intermediario, affermando il seguente principio:
“Ai fini della valutazione della legittimità della modifica unilaterale, per come declinata dall’art. 118 TUB, occorre tener conto del concreto assetto di interessi che le parti hanno voluto fissare nello specifico regolamento contrattuale. Pertanto, ove la valorizzazione a zero di un costo sia indicativa di un servizio non fornito dall’intermediario, la relativa modifica unilaterale ex art. 118 TUB equivale all’inserimento di una nuova clausola originariamente non prevista dal contratto. Quest’ultima, in quanto tale, è illegittima”.
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