Clausole vessatorie e decreti ingiuntivi non opposti: Corte di Giustizia boccia l’Italia, nuovi strumenti di tutela per i consumatori

Con le recenti sentenze del 17 maggio 2022 (cause riunite C-693/19 e C-831/19) la Grande Sezione della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato un principio che rafforza la tutela dei consumatori, proteggendoli dall’applicazione delle clausole abusive.

Anche se il consumatore non ha fatto opposizione al decreto ingiuntivo, gli effetti delle clausole vessatorie possono essere verificati dal giudice nel corso dell’esecuzione.

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I creditori, quali le banche, qualora abbiano una prova scritta del loro credito, possono ottenere un ingiunzione di pagamento (decreto ingiuntivo) che deve essere notificata al consumatore il quale ha 40 giorni per proporre l’opposizione. Se l’opposizione non viene proposta entro tale termine il decreto ingiuntivo non è più contestabile.

La giurisprudenza italiana ha sempre ritenuto che la non contestabilità del decreto ingiuntivo (il “giudicato”) si estenda anche alla validità del contratto e delle clausole nello stesso contenute anche se vessatorie e quindi nulle e anche in assenza di ogni loro effettiva valutazione in concreto. 

Quindi, anche in assenza di una specifica verifica della natura vessatoria delle clausole, la validità del contratto non potrebbe più essere contestata dal consumatore (il “giudicato implicito”). Una volta non opposto il decreto nei termini il consumatore non aveva più alcuno strumento per contestare la natura abusiva delle clausole e conseguentemente il credito fatto valere.

Oggi la Grande Sezione Corte di Giustizia (alla quale sono rimesse le decisioni più rilevanti) ha dichiarato che l’ordinamento italiano non è conforme alla direttiva sulle clausole abusive, Direttiva 93/13. In particolare, anche in caso di decreto ingiuntivo definitivo, in quanto non opposto, il giudice può sempre controllare la presenza di clausole vessatorie che possano limitare o far venire meno il credito.

Il giudice dell’esecuzione quindi, nonostante la mancata contestazione del decreto ingiuntivo, può rideterminare l’effettivo credito dovuto eliminando gli effetti delle clausole vessatorie.

Si tratta di una sentenza molto importante in quanto diretta a rendere effettivi e a tutelare con maggior forza i diritti dei consumatori dall’applicazione della clausole abusive, ovvero idonee a determinare un significativo squilibrio a danno del consumatore.

I principi espressi dalla Corte di Giustizia hanno una grande rilevanza in quanto potranno consentire ai consumatori di contestare anche per la prima volta nel corso dell’esecuzione le clausole abusive poste alla base di un decreto ingiuntivo contro il quale il debitore non ha proposto opposizione.

Si pensi ad esempio alla vessatorietà della clausole abusive che derogao all’obbligo del creditore di agire contro il debitore principale entro 6 mesi dalla scadenza del debito, previsto dal codice civile (art. 1957). Dichiarata la nullità di tale clausola, qualora, come avviene frequentemente, non sia avviata l’azione contro il debitore principale nel termine di sei mesi, il consumatore può far valere l’estinzione della fideiussione e contestare il debito.

Analoga situazione si può presentare qualora la fideiussione riproduca lo schema ABI dichiarato intesa restrittiva della concorrenza, con conseguente nullità di alcune clausole, tra le quali proprio quella relativa alla decadenza, come recentemente affermato dalla Cassazione a Sezioni Unite.

In queste situazioni il consumatore che non abbia opposto il decreto ingiuntivo, anche nel corso dell’esecuzione può contestare l’estinzione della fideiussione. Grazie alle sentenze della Corte di Giustizia i tribunali italiani non potranno più respingere tale richiesta in ragione della mancata opposizione del decreto ingiuntivo. Dovranno invece valutare nel merito la vessatorietà della clausola e riscontratane l’abusività, dichiararla nulla accogliendo l’opposizione del consumatore.

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