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Nel contratto di fideiussione c'è una clausola che prevede la rinuncia ad avvalersi di quanto previsto dall'art. 1957 cod. civ., secondo cui "il fideiussore rimane obbligato anche dopo la scadenza dell'obbligazione principale, purché il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore"?
Secondo il Tribunale di Verona (sent. 812/2021 del 16 aprile 2022) tale clausola è vessatoria, e in quanto tale è nulla: se la banca non ha chiesto il pagamento al fideiussore entro sei mesi, attivando nei suoi confronti un mezzo di tutela giurisdizionale (es. deposito del decreto ingiuntivo o notifica dell'atto di citazione o avvio di un'azione esecutiva), non può opporre la rinuncia e il fideiussore non deve pagare.
Lo scopo dell'art. 1957 cod. civ. è infatti "quello di evitare che il creditore, facendo affidamento sul buon esito dell'escussione del fideiussore, trascuri di esercitare il suo diritto verso il debitore, nonché quello di impedire che per il fideiussore sia incerto il termine d'efficacia finale della sua garanzia, nel caso in cui l'obbligazione sia divenuta, per il fatto del debitore, immediatamente esigibile".
Secondo il tribunale veronese la clausola "incorre nella presunzione di vessatorietà di cui all'art. 33 lett. t) del Codice del Consumo", secondo cui sono vesstorie le clausole che hanno effetto di "sancire a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi".
ATTENZIONE: la vessatorietà può essere contestata soltanto da un consumatore, una persona fisica che abbia rilasciato la garanzia non per finalità inerenti allo svolgimento di un'attività professionale. Non è ad esempio un consumatore il fideiussore che è anche socio o amministratore della società per la quale è stata presentata la garanzia.
Sulla qualità dei contraenti, a seconda che agiscano o meno nella loro attività professionale, v. Cass. Civ. Sez. VI 16 gennaio 2020, n. 742, sulla base dei principi espressi da Corte di Giustizia, sent. 19 novembre 2015 - causa C - 74/15 e 14 settembre 2016 - causa c - 534/15.
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