Italia favorevole al nuovo TTIP

Il Governo italiano non ha fatto nulla per impedire il riavvio dei negoziati tra Unione europea e Stati Uniti per approvare una nuova versione del TTIP, il controverso accordo commerciale transatlantico già rigettato da milioni di cittadini europei e centinaia di organizzazioni sindacali, ambientaliste e della società civile in tutti gli Stati membri.

Il Consiglio europeo conclusosi il 22 marzo scorso ha prodotto una dichiarazione che esorta la Commissione a procedere i negoziati, e da alcuni diplomatici presenti all’incontro abbiamo la conferma che l’Italia non ha opposto alcuna resistenza. Come recita il passaggio chiave della dichiarazione congiunta:

Il Consiglio europeo chiede che vengano mossi i passi necessari a una rapida implementazione di tutti gli elementi della dichiarazione USA-UE del 25 luglio 2018

I governi dell’Ue stanno chiedendo alla Commissione di portare a termine un accordo transatlantico per ridurre le tariffe dei beni industriali e “armonizzare” norme e regolamenti. Le proposte di mandato preparate da Bruxelles non contengono alcuna linea rossa, nessun confine da non superare. Sul tavolo della trattativa ci saranno dunque temi scottanti come le norme sulle sostanze chimiche, la sicurezza alimentare e gli OGM. Norme che in Europa e in Italia sono molto più stringenti che negli USA. Norme che Washington è ben decisa a indebolire attraverso l’oscuro meccanismo della cooperazione regolatoria, che prevede la creazione di una pletora di comitati tecnici fuori da ogni controllo pubblico, con il compito di revisionare leggi e regolamenti che creano problemi al libero scambio di beni e servizi. La cooperazione regolatoria è sempre stata nel mirino delle organizzazioni della società civile, perché rappresenta un buco nero nel quale possono essere risucchiate tutte le leggi a tutela dei diritti, della salute e dell’ambiente faticosamente ottenute in anni di pressioni per un pianeta più giusto e accogliente.
A tutto questo si aggiunge il fatto che la Commissione europea non ha effettuato alcuna valutazione d’impatto del nuovo TTIP, che è tuttavia obbligatoria nel caso di negoziati commerciali definiti “significativi”. Mentre evidenzia i benefici economici – che saranno per pochi grandi esportatori, a scapito delle piccole imprese – Bruxelles non è in grado di indicare gli impatti previsti in termini di posti di lavoro o emissioni di gas serra. Già negli anni passati, studi indipendenti hanno dimostrato che il TTIP avrebbe potuto distruggere centinaia di migliaia di posti di lavoro in Europa.
Sebbene la Commissione europea rassicuri pubblicamente sull’esclusione dell’agricoltura dal tavolo delle trattative, gli Stati Uniti affermano il contrario e specificano i loro obiettivi in materia:

Garantire il pieno accesso al mercato per Prodotti agricoli statunitensi nell’UE riducendo o eliminando le tariffe, eliminando (…) le barriere non tariffarie che discriminano i prodotti agricoli statunitensi.

I negoziatori USA hanno quindi un mandato negoziale offensivo e ampio. Robert Lighthizer, il capo negoziatore di Donald Trump, ha recentemente dichiarato che

Gli Stati Uniti non possono avere un accordo commerciale con l’Europa che non si occupi di agricoltura

Allo stesso modo, 114 membri del Congresso hanno ha affermato che un accordo senza l’agricoltura sarebbe inaccettabile. In questo clima i Governi europei, Italia compresa, hanno dato il via libera a Bruxelles per trattare con i falchi di Trump. Come possiamo essere sicuri che la Commissione non sacrificherà gli agricoltori europei e la sicurezza alimentare dei cittadini nel tentativo di impedire all’amministrazione USA di aumentare i dazi sulle auto prodotte nel Vecchio continente?

A peggiorare il quadro, dal momento che ieri era la giornata mondiale dell’acqua, la dichiarazione dei governi europei concorda sulla necessità di spingere nella direzione di una ulteriore liberalizzazione dei servizi sul mercato interno: un’attacco diretto ai servizi fondamentali, tra cui quello idrico. Anche su questo l’Italia non ha battuto ciglio, sebbene alla discussione del Parlamento ci sia una legge di iniziativa popolare che va in direzione opposta, cioè verso la ripubblicizzazione delle forniture.

La domanda è: a che gioco giochiamo? Il governo italiano sta tradendo ancora una volta i suoi cittadini, sebbene le forze che lo compongono abbiano preso in campagna elettorale impegni chiarissimi e non fraintendibili. Citiamo ancora una volta il testo del contratto di governo:

Per quanto concerne Ceta, MESChina, TTIP e trattati di medesimo tenore intendiamo opporci in tutte le sedi, in quanto determinano un eccessivo affievolimento della tutela dei diritti dei cittadini, oltre ad una lesione della concorrenza virtuosa a scapito della sostenibilità del mercato interno.

La prima sede in cui opporsi era il Consiglio europeo di ieri, ponendo ad esempio il veto. Non è stato fatto, anzi: l’Italia ha girato la testa dall’altra parte. Nelle prossime due-tre settimane i tecnici lavoreranno sui due mandati richiesti da Bruxelles, con il rischio concreto che si configuri una svendita dei diritti e dell’economia locale sull’altare dell’industria automobilistica tedesca. C’è solo una cosa da fare per fermare questa macchina lanciata a tutta velocità nel baratro: bocciare il CETA prima delle elezioni europee.
Il governo ha l’ultima occasione di realizzare quanto ha scritto e promesso: un’inversione di marcia rispetto alla peggiore agenda neoliberale promossa dalle istituzioni transnazionali e dall’Unione europea. Fino ad oggi, ha agito contro l’interesse nazionale e in spregio ai diritti sociali e dell’ambiente. Adesso davvero basta.

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