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Le lavoratrici dell’abbigliamento sono rimaste senza stipendio, senza lavoro o con una piccola percentuale del loro salario dopo che i marchi della moda globali si sono rifiutati di pagare oltre 16 miliardi di dollari di prodotti.

Gli spettano dai $3,19 ai $5,79 miliardi solo per i primi tre mesi della pandemia. Sono persone che da decenni guadagnano salari di povertà, senza alcuna possibilità di accumulare risparmi che avrebbero potuto aiutarle in questo periodo di crisi. Ora vanno a letto affamate senza speranza per il loro futuro. Eppure i brand continuano a fare profitti. E’ ora che i marchi si assumano le loro responsabilità nei confronti di queste lavoratrici e garantiscano che ricevano tutto ciò che gli spetta per legge o per contratto.

Marchi e distributori hanno la responsabilità legale e morale di garantire che le lavoratrici nelle loro catene di fornitura non paghino il prezzo di questa pandemia. Accettare di pagare per gli ordini già effettuati non basta: devono assicurarsi che i lavoratori ricevano i salari che gli spettano e le dovute indennità. I marchi sono i principali beneficiari di profitto nella catena del valore e quindi hanno la forza di intervenire.

I principi guida delle Nazioni unite su imprese e diritti umani affermano chiaramente quale sia il ruolo e le responsabilità delle imprese rispetto ai diritti umani delle persone interessate dalla loro attività. Non possono sottrarsi. Per questo gli stiamo chiedendo di mostrare pubblicamente il loro impegno a salvaguardare il sostentamento delle lavoratrici, pubblicando l’adesione ad “un’assicurazione salariale” sui loro siti web: vuol dire garantire che le loro lavoratrici ricevano ciò che gli è dovuto, sia durante la pandemia che oltre, aderendo a un fondo di garanzia che assicurerà che le lavoratrici non restino senza reddito se la loro fabbrica fallisce.

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